La Fecondazione in vitro con microiniezione intracitoplasmatica, conosciuta anche come ICSI per la sua sigla in lingua inglese (Intra Cytoplasmic Sperm Injection), è una tecnica che Biogenesi impiega da molti anni con successo.
Dopo l’introduzione della procreazione assistita, detta anche PMA o fecondazione assistita, nella pratica clinica alla fine degli anni 70, la intracytoplasmic sperm injection o ICSI rappresenta con certezza il progresso più importante per la cura dell’infertilità.
L’ICSI consiste in una tecnica di laboratorio che consente l’inserimento di un singolo spermatozoo all’interno dell’ovocita maturo. Tale capacità è di fondamentale importanza nei casi in cui il campione seminale non possieda i criteri necessari per effettuare una FIVET. FIVET e ICSI differiscono infatti nella modalità con cui è ottenuta la fecondazione, la FIVET infatti viene eseguita inoculando un numero sufficiente di spermatozoi, circa 100.000/ml, in ciascuna delle gocce di coltura contente i cumuli oofori precedentemente recuperati. Tutte le altre fasi del trattamento, dalla stimolazione al monitoraggio ovarico, prelievo ovocitario, coltura embrionale e trasferimento dell’embrione in utero rimangono immutate nelle due tecniche.
Al momento del recupero dal follicolo, l’ovocita maturo è circondato da migliaia di cellule follicolari tenute insieme da una matrice extracellulare di consistenza visco-elastica. Tale corredo di cellule gioca ruoli importanti sia durante lo sviluppo follicolare, a sostegno della crescita e maturazione dell’ovocita, sia dopo l’ovulazione nel concepimento spontaneo, favorendo nella tuba l’incontro e l’interazione tra ovocita e spermatozoo. Ciò spiega perché nella FIVET queste cellule follicolari siano lasciate intorno all’ovocita, in modo da facilitare in vitro ciò che accade in vivo. Invece, nel caso in cui gli spermatozoi presenti nel seme o recuperati nei testicoli siano numericamente insufficienti o dotati di scarsa o nulla mobilità, è indispensabile rimuovere le cellule follicolari e introdurre un singolo spermatozoo nell’ovocita, come avviene nella ICSI. Infatti, in tal caso le cellule follicolari e la matrice viscoelastica che le tiene insieme rappresentato più un ostacolo che un ausilio per la fecondazione. In laboratorio, le cellule follicolari sono rimosse dall’ovocita in maniera semplice e veloce. L’intero cumulo ooforo, costituito dall’ovocita e dalle cellule follicolari ad esso associate, è posto in un mezzo di coltura contenente ialuronidasi, un enzima che digerisce la matrice viscoelastica. In tal modo, gran parte delle cellule sono rilasciate nel mezzo di coltura, mentre quelle più tenacemente legate all’ovocita sono eliminate meccanicamente facendo passare l’oocita stesso attraverso un capillare di adeguato calibro. Gli ovociti così liberati dalle cellule follicolari e rivestiti dalla sola zona pellucida (una sorta di guscio proteico) sono pronti per la microiniezione. Solo gli ovociti maturi saranno però avviati all’ICSI, mentre quelli immaturi o anomali saranno eliminati in quanto non idonei al trattamento.
L’esecuzione dell’ICSI richiede un apparato di micromanipolazione connesso a un microscopio, attraverso il quale l’operatore può far compiere ad appositi microstrumenti minimi movimenti aventi un’escursione di pochi micron o decine di micron e necessari per le operazioni di micromanipolazione. Il tutto avviene in microgocce di mezzo di coltura poste all’interno di una piastra Petri in cui sono posti ovociti e spermatozoi. Per ciascun ovocita viene utilizzato un corrispondente spermatozoo che viene inizialmente selezionato come idoneo per caratteristiche di forma e mobilità che ne indicano la vitalità. Lo spermatozoo prescelto viene inizialmente manipolato in modo da rompere delicatamente la membrana cellulare e facilitare il rilascio del suo contenuto nell’ambiente ovocitario dopo la microiniezione. Successivamente, esso viene aspirato in un micro-ago che viene fatto passare attraverso la zona pellucida e inserito all’interno dell’ovocita, in modo che lo spermatozoo possa essere rilasciato nell’ovocita stesso. Ciò consente un’interazione tra contenuto dello spermatozoo e ambiente intracellulare dell’ovocita, che è essenziale per innescare la fecondazione, senza che lo spermatozoo debba superare le barriere (cellule follicolari e zona pellucida) che intervengono nel concepimento spontaneo o nella FIVET. In mani esperte, anche l’azione di microiniezione è rapida ed efficiente, richiedendo soltanto 1-2 minuti per ciascun ovocita. Bisogna però notare che in media su 100 ovociti iniettati, da 2 a 5 sono destinati a essere danneggiati.
L’ICSI è nata inizialmente per risolvere i casi di severa compromissione del numero e o mobilità degli spermatozoi presenti in un eiaculato (oligoastenozoospermia severa). Essa è anche essenziale nel caso in cui gli spermatozoi non siano presenti nel liquido seminale, ma siano recuperati, pochi e scarsamente mobili o del tutto immobili, dall’epididimo o dal testicolo. Anche l’eiaculazione retrograda, in cui gli spermatozoi sono rinvenuti nell’urina, richiede l’ICSI. Tutti questi casi complessivamente sono tutt’altro che rari, circostanza che ha dettato il successo dell’ICSI nei decenni. Allo stato attuale, L’ICSI è largamente praticata, rappresentando sia in Europa che in USA il 70-80% di tutti i trattamenti di fecondazione in vitro.
FASI PER L’ESECUZIONE DELL’ICSI
Per ottenere gli ovociti necessari per l’ICSI, si stimolano le ovaie mediante somministrazione quotidiana di ormoni, per circa 2 o 3 settimane. In questo periodo vengono effettuate delle ecografie e dei prelievi del sangue per verificare sia il livello di ormoni che lo sviluppo dei follicoli (le piccole formazioni cistiche che contengono gli ovuli) nelle ovaie. Quando il numero e le dimensioni dei follicoli sono adeguati, si fissa la data per il così detto “pick up degli ovociti” o prelievo degli ovociti in clinica.
Nella realizzazione della tecnica dell’ICSI, gli ovuli vendono estratti mediante una puntura ed aspirazione dei follicoli, Questa procedura richiede la somministrazione, alla paziente, di anestesia mediante sedazione. Una volta estratti, gli ovuli vengono mantenuti alcune ore in coltura e nel frattempo si prepara lo sperma per estrarre da questo gli spermatozoi mobili. Successivamente si preparano gli ovuli asportando lo strato esterno di cellule che lo ricoprono e, mediante la microiniezione intracitoplasmatica, introducendo uno spermatozoo in ciascun ovocita.
Il giorno successivo al prelievo degli ovociti, si controlla l’avvenuta fecondazione e si valuta il numero di oociti che si sono fertilizzati correttamente e che dimostrano la presenza dei due pronuclei (2pn) uno di origine materna e uno di origine paterna. Nei giorni seguenti gli ovuli fecondati vanno incontro alle divisioni fisiologiche caratteristiche del corretto sviluppo (clivaggio) embrionale, fino al momento in cui, selezionando gli embrioni con le migliori caratteristiche di sviluppo, si trasferiscono in utero. Normalmente vengono trasferirti in utero uno o due embrioni sulla base delle caratteristiche della coppia e personalizzando la scelta, in accordo con la coppia, sulla base della storia clinica e delle caratteristiche degli embrioni ottenuti. per essere trasferiti. Gli embrioni vengono inseriti in un fine catetere e vengono introdotti nell’utero. In questa fase la donna è sveglia e, poiché la procedura è totalmente indolore, non è necessaria l’anestesia. Se si trasferiscono due embrioni, normalmente se ne impianta uno solo ma si deve tenere presente che entrambi gli embrioni potrebbero impiantarsi, causando una gravidanza gemellare.
Gli embrioni non trasferiti durante l’ICSI possono venire crioconservati in azoto liquido mediante una tecnica chiamata vitrificazione. Questi embrioni possono venire successivamente impiegati per cicli successivi di ICSI, qualora il primo non fosse andato a buon fine o si desiderassero ulteriori gravidanze. Evidentemente il trattamento di preparazione dell’utero per un transfer di embrioni congelati è molto più semplice poiché non richiede la stimolazione ovarica e il prelievo degli ovuli.