Social egg freezing: il metodo di PMA con il quale è possibile preservare la fertilità
Il social egg freezing è una tecnica di fecondazione assistita, praticata con successo dai centri Biogenesi, che sta acquisendo popolarità sempre maggiore in molti Paesi Occidentali, di pari passo con l’evoluzione del ruolo della donna nella società odierna e la sua necessità di posticipare la gravidanza dovuta a:
- aspettative professionali,
- vicissitudini economiche;
- stile di vita e abitudini personali;
- assenza di un partner.
A questa situazione si sovrappone il naturale declino dei concepimenti spontanei con l’avanzare dell’età femminile, tendenza che non può essere attenuata anche ricorrendo ai trattamenti di PMA che diventano tanto meno efficaci tanto maggiore è l’età della donna. Mutamenti nella società e nuovi comportamenti individuali sono diventati quindi un’involontaria nuova causa di aumento dell’infertilità femminile. Non sempre le donne, incentivate da una comunicazione diffusa che proclama le persone sempre giovani anche in età avanzata, si rendono conto che la prolungata attesa potrà essere la causa di una mancata gravidanza nella loro vita.
Le conseguenze “drammatiche” sono ben visualizzate nel grafico sottostante (Broekmans F.J. et al Endocrine Reviews Agosto 2009) tratto da un lavoro pubblicato nel 2009 dal titolo “Invecchiamento ovarico: meccanismi e conseguenze cliniche” dove all’aumentare dell’età della donna corrisponde una diminuzione del numero dei follicoli presenti ed un aumento della proporzione di ovociti di cattiva qualità.
Da qualche tempo, però, le donne hanno iniziato a manifestare interesse per il social egg freezing, percependolo come una valida opzione per estendere il periodo della propria vita riproduttiva. Con questo metodo di preservazione della fertilità femminile si hanno opportunità concrete di concepimento in avanzata età riproduttiva e talvolta anche in anni successivi. Ciò è reso possibile anche da particolari circostanze fisiologiche secondo cui il declino della fertilità femminile con il progredire dell’età è in gran parte riconducibile ad un progressivo scadimento della qualità degli ovociti. Gli ovociti prelevati in età più giovane, avranno invece maggiori possibilità di essere sani e quindi adeguati per la riproduzione.
Le attuali tecniche di crioconservazione degli ovociti consentono a una donna in fase iniziale o intermedia della propria vita riproduttiva di avere la facoltà di crioconservare i propri ovociti, in modo tale da perseguire obiettivi personali e professionali (difficilmente compatibili con un impegno genitoriale) e avere la possibilità, in un tempo successivo, di concepire un figlio geneticamente proprio.
L’opzione della crioconservazione di ovociti come soluzione alla ricerca di prole in anni alquanto successivi a quelli in cui normalmente le donne sono più attive a livello riproduttivo è stata resa possibile da enormi progressi conseguiti nell’ultimo decennio. Infatti, negli ultimi decenni la crioconservazione di ovociti è diventata una pratica efficiente e diffusa universalmente. Si è trattato di uno dei maggiori progressi della PMA conseguiti negli ultimi 20-25 anni, risultato a cui i gruppi di ricerca italiani hanno dato un contributo fondamentale. Con le attuali tecniche, 8-9 ovociti su dieci possono essere recuperati intatti dopo crioconservazione ed essere utilizzati con un’efficienza paragonabile a quella degli ovociti freschi di comparabile qualità. Tale efficienza è dimostrata dal fatto che gli ovociti possono essere crioconservati per diversi anni (benché non sappiamo esattamente quanti) senza un evidente scadimento della qualità ovocitaria. La scelta della crioconservazione di ovociti è certamente vincente per le donne giovani e di età riproduttiva intermedia, che solitamente rispondono alle terapie di stimolazione ovarica con la produzione di numerosi ovociti di buona qualità. Basti pensare che in una giovane donna la crioconservazione di una ventina di ovociti (ottenibili con 2-3 stimolazioni ovariche) corrisponde a circa l’80% di probabilità di ottenere una successiva gravidanza. Una donna che ha invece superato i quaranta anni non ha consistenti possibilità di preservazione della fertilità, perché quantità e qualità degli ovociti ottenibili sono alquanto ridotte.